C'E DEL MARCIO IN ...ROMA



 Durante questo periodo non mi sono spostata un gran che da casa, un po per il problemino del virus, che temo abbia una certa rilevanza anche per chi legge, un po perché, come sempre vista la mia incredibile fortuna, all'inizio di agosto mi si sono ammalati un gatto ed il cane. ne consegue che, dovendo curare ambe due con somministrazioni di medicinali  tre volte al giorno, non abbiamo potuto muoverci più di tanto da casa, ma organizzandomi, e lasciando a casa il mio LUI a occuparsi della farmacia, mi sono potuta finalmente recare a Grosseto a trovare i miei, che non mi vedevano da prima di marzo, data in cui io stessa mi sono ammalata.

vi tralascio il discorso dell'incontro con i miei, a cui mi lega un affetto incredibile e null'altro, visto che con loro non credo di avere una sola idea od un solo pensiero in comune, soprattutto alla luce degli ultimi scambi che abbiamo avuto, o che non abbiamo avuto per cauto sorvolare forzato, nel periodo del mio soggiorno.

invece quello su cui volevo puntare la luce è che girando per la città, per le sue strade di campagna, per la sua zona industriale, per le sue stradine periferiche, insomma girandola tutta, non si trovava per terra nemmeno una sola misera cartaccia.


tutto, ma veramente tutto, era pulito, i marciapiedi quasi tirati a lucido, le strade spazzate senza quasi nemmeno gli aghi dei tanti pini che la costellano.

uno spettacolo a cui forse ero abituata quando ci abitavo, tanto da non registrarlo a livello conscio, e da non valutarlo un gran che.

non almeno fino a che non ho cominciato a vivere a Roma.


perché Roma non è più una città, è una cloaca a cielo aperto.

carte cartacce e pezzi di involto sono il minimo sindacale di ogni strada o stradina della zona centrale, ma se ci si ammette con un certo impegno si trova di tutto. bottiglie, di vetro di plastica di bibita o


d'olio per macchine o di detersivo, assorbenti, preservativi, lattine di ogni specie e misura, cicche in abbondanza, ora anche mascherine e guanti di ogni dolore e misura. pacchetti di sigarette, pacchetti di gomme, pacchetti di preservativi, di cracker, di dolci o di qualunque altra cosa, scatole di ogni genere e forma, interi sacchetti dello sporco abbandonati sulla strada invece che in un cassonetto.

è possibile trovare di tutto per le strade della città metropolitana, dal centro fino alla periferia, comprese le strade di campagna e limitrofe, comprese le consolari e il raccordo. tutto è sporco. di uno


sporco pensante, di uno sporco che grida menefreghismo a squarciagola, che mostra il dito alla civiltà, al rispetto verso gli altri, verso la propria città ed in fondo anche verso se stessi, perché anche chi sporca vive in questa stessa città.

non so dire se questo disinteresse è cresciuto nel tempo, o se è sempre stato presente, ma certamente ora


è ben palese nel comportamento della maggior parte delle persone. ed è estremamente virulenta. basta una persona che butta le proprie scorie per terra, sotto gli occhi di tutti, che subito chi lo vede non ha l'impulso di riprendere il comportamento scorretto, ma anzi, si adegua al comportamento sicuramente più comodo ma anche molto più menefreghista.

e dico più comodo perché le autorità cittadine non aiutano certo ad avere un comportamento virtuoso: quanti cestini per le cartacce avete voi nel vostro percorso giornaliero? io nella strada di casa,


quella che percorro con il cane ad esempio, ho tre cestini, su una strana di almeno due chilometri di lunghezza e su cui si affaccia tutto l'agglomerato urbano della mia zona.

tre.

ciò vuol dire che le perone di buona volontà devono infilarsi nelle tasche le cartacce, le carte delle caramelle, gli scontrini, la carta della pizza, e se sei fuori col cane devi riportarti a casa il prodotto della natura insacchettato. e posso assicurare che sono molti quelli che pensano che il loro compito si esaurisce nell'insacchettarla, lasciando poi sul marciapiede tanti piccoli sacchettini maleodoranti a imperituro ricordo del loro passaggio.

devo dire che la visione giornaliera di queste strade mi causa un acuto dolore nello stomaco, una sorta di nausea per il dover vivere in una situazione che nemmeno nel terzo mondo è così. siamo sudici. e mi ci metto anche io, seppure io le mie scorie me le riporto a casa e me le butto nel mio non riciclabile. e la


cacca del cane me la riporto a casa due volte al giorno nel suo sacchettino, buttandola nel sacco nero e smaltendola una volta alla settimana, con interessante mugugno da parte degli spazzini che non sono contenti di doversi caricare gli escrementi sia dei miei gatti che dei miei cani, ma anche in quel caso non ci sono alternative se non seguire l'esempio dei miei concittadini che decorano i marciapiedi.

insomma, viviamo in un immondezzaio a cielo aperto ed ala fine non ce ne accorgiamo nemmeno più, se non quando andiamo al di fuori di Roma e ci rendiamo conto che nelle altre città non vivono in questa indifferenza, mollemente affondati nella mondezza fino al collo come facciamo noi.

io purtroppo sono disabile, e rimanere in piedi per più di 10 minuti consecutivi, magari chinandomi, mi porta a letto per una giornata, ma spesso provo l'impulso di andare nella via che passa di lato a casa mia, armata di sacco nero e di pala, per cercare almeno di pulire quella stradina in cui, quando riesco, porto io a spasso il cane, ma in cui le bottiglie intere o rotte, le cartacce, i preservativi, la sporcizia più varia abbonda al punto che il mio povero cane è obbligato a fare i propri bisogni in punta di zampe su quelle due o tre piante che riescono ad alzare la testa sulla sporcizia che regna incontrastata.

e pensare che sono venuta a vivere in periferia per cercare di allontanarmi dalla sporcizia della zona più centrale.

ho già avvertito il mio LUI, quando andrò in pensione non so proprio se avrò voglia di rimanere in questa città sporca e che non ha voglia di guarire, come un barbone che si crogiola nei propri escrementi. voglio invecchiare in un luogo più sano e che ha rispetto per se stesso.


besos disgustati.




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