ricordi

ieri sono stata a pare il bollo della macchina. purtroppo l'agenzia dell'aci si trova sulla tuscolana, in un posto dove parcheggi non se ne trovano, quindi sono dovuta andare a piedi. la distanza non è tantissima, meno di un chilometro ma devo dire che con la mia velocità ci metto veramente una vita a fare quella distanza. al rientro sono andata dritta per via Genzano, sperando di accorciare un poco le distanze che per me sono veramente pesanti.
mentre lentamente me ne andavo sul marciapiede, ho alzato la testa dal pavimento, dove la sera guardo abbastanza fisso per evitare di prendermi storte o di cadere, e mi sono guardata attorno.
ed improvvisamente, per pochi secondi tutto è cambiato.
ho visto quella strada di giorno, in un assolato e soffocante quindici di agosto, verso la stessa ora, ma con il sole ancora alto nel cielo.
la strada è quasi deserta, nessuno in giro in una città soffocata dalla morsa del calore. chi poteva se ne è andato al mare a passare la giornata peggiore dell'estate.
dall'altra parte della strada c'è una donna. alta e grassa quanto me, vestita di un vestito estivo che si muove leggero nel calore dell'asfalto,
la donna cammina spedita, ha il passo leggero ed il viso sorridente, un portamento tranquillo e sicuro. porta i capelli lunghi legati in una coda alta sulla nuca che si diverte a far ondeggiare a passo con il cammino. suda, si vede il lucido delle gocce che le rotolano per le braccia, ed i capelli incollati sulla nuca, ma questo non incrina il sorriso con cui avanza.
sta andando verso arco di travertino e so che sta andando a comprare due kebab ai felafen, uno per se ed uno per il suo compagno che, impigrito dal calore, ha mandato lei a comprare la cena.
ma è festa, lei sta andando a comprarla e pensa a quando sarà di nuovo a casa accanto a lui per passare una bella serata assieme.
quel pensiero le accentua l sorriso e le fa accelerare il passo, che ora è una marcia veloce.
quella donna sono io.
sono io quasi cinque anni fa.
o meglio ero io.
perché di quella donna oggi cosa è rimasto? se quella donna potesse ora girare lo sguardo e guardare me, questa me, questa donna che procede stentatamente sulla strada attenta alle piccole disconnessioni del terreno, che fa passi piccoli e dolorosi appoggiandosi pesantemente sul suo bastone da passeggio, con il viso tirato per il dolore, con il corpo quasi avvolto su se stesso per la stanchezza.
se quella donna potesse guardare me si riconoscerebbe? vedrebbe qualcosa di se in me?
se ci si mettesse vicine potremmo essere anche solo scambiate per sorelle? o mii sono persa così tanto di me da non aver più niente di quella ragazza di allora?
mi sento come se parte di me oramai fosse relegato in quella figura del passato. come se mi fosse stata rubata una parte della mia anima per perderla nel tempo lasciandomi più povera, più vuota, più triste.

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