Sto attraversando uno dei miei periodi di stasi comunicativa, e per questo è un poco che non scrivo nulla sul blog, ma in effetti solitamente credo che sia meglio non scrivere nulla che scrivere anche quando non si ha nulla da dire, proprio per non sparare aria fritta come fanno oramai troppi.
ed invece eccomi qua, passando sulla lista del segnalibri che mi viene fuori l'indirizzo, e mi accorgo di non scrivere nulla da tanto e mi dico, ma scriviamo qualcosa.
sono alla fine caduta anche io nell'ingranaggio che ci vuole tutti sempre pronti a parlare di noi, ad aprirci, a comunicare.
e invece no: sono arrabbiata con il mondo in questo momento, sono rosa da una ira interiore che non ha una origine e non ha uno sfogo e non ho voglia di parlare, di dirvi come ho passato le mie giornate, o come sono stata negli ultimi giorni.
non ho voglia di comunicare con chicchessia, eppure mi ci trovo costretta ogni benedetto giorno, perché questa è la nostra vita, il doverci incontrare ogni giorno, con gente di cui non ci potrebbe importare di meno, ed essere costretti a fare bel viso anche a cattivo gioco, perché questa è la regola del vivere civile, così si deve fare e così si fa tutti.
Rimpiango per questo la vita in campagna dove una volta rientrati potevi anche gridare fino a farti sanguinare le corde vocali e nessuno ti avrebbe sentito, magari pericoloso, ma estremamente liberatorio.
forse è il tempo, ed io, meteopatica fino alla punta delle dita, mi incupisco con lui, ma ha voglia di scagliare anche io i miei fulmini, di urlare la mia rabbia contro qualcuno, di spaccare mobili e soprammobili, di abbattere pareti a forza di martellate.
vorrei tornare a fare un lavoro molto fisico, come quando ero più giovane e costruivo gli stand alla fiera di Roma: come ero stanca alla fine della giornata, ma come ero felice di quella stanchezza, fisica, vera, muscolare.
oggi, con il fisico che mi tradisce, con la mente sempre appesantita da pensieri e problemi, oggi vorrei tornare ad allora, e tornare felice, della mia stanchezza fisica.

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