frammenti di passato

Ritorno.
con un carico di ricordi che non mi tornava alla mente da tanto. sono ricordi di una zona specifica, di un tempo preciso, che tornano e scaldano con la loro presenza.
sono ricordi d'estate, quando in campagna, specie nelle ore pomeridiane, i rumori sono pochi, qualche lontano frinire, il grano che sussurra nel poco vento, il teno che passa. pomeriggi sonnolenti, caldi e appiccicosi, passati alla ricerca di un po di frescura, ristoro.
un ponte, poco più giù lungo la ferrovia, poco distante dal campo di casa, era il luogo preferito: un canale di raccolta, con un rigagnolo senpre presente, anche in piena estate era una attrazione migliore del circo. le canne d'acqua crescevano folte, e nelle pozze che si formavano i girini che agitavano le loro code lanciando riflessi neri nell'acqua. lì il fresco era un balsamo dalla canicola, i piedi immersi in quel poco d'acqua presente, un coltellino per lavorare un rametto o tagliare le canne d'acqua per far finta di pescare in un immaginario fiume,  il silenzio attorno.
ci arrivavamo a piedi, o in bicicletta, su strade polverose, di terra battuta, o passando per i campi, i piedi che affondavano nelle grasse zolle.
erano pomeriggi silenziosi e solitari, ma erano anche pieni di tranquillità e di scoperte. non sentivo la mancanza di altri, ed a volte c'era mia sorella a farmi compagnia, a volte anche Barbi, la figlia dei vicini.
lingue di luce lambivano quella leggera oscurità in cui ci rifugiavamo, chiacchierando, poco, della giornata, riposando stese sul cemento del bordi del canale, un luogo magico che in inverno drenava le acque piovane dai campi. era bello andarci dopo gli aquazzoni estivi, quando il filo d'acqua diventava una pozza immensa e scura, in cui si diceva stessero le anguille, che provavamo a pescare, quasi sicure che in realtà nulla ci fosse in quella limacciosa massa, ma contente comunque di passare così il pomeriggio.
la fine era sancita da un alto fischio che ci richiamava verso casa, quando mamma o papà decidevano che era troppo che non ci vedevano girare.
il pigro pomeriggio era finito e si tornava verso le rispettive case.
immagini del passato che ogni tanto ritornano anche se pensavo fossero perse. bello poterle fissare come su una labile tela, dipingere quelle pennellate d'oro scuro del sole pomeridiano, quel grigio chiaro del ponte, il verde delle canne che risaltava sull'oro chiaro del grano seminato e sparso tanto da crescere, incolto, anche sui bordi del canale.
non avevo mai paura. non ho mai pensato allora a rischi di alcun genere, serpenti, molestatori, il treno. era solo il piacere di una giornata passata in un luogo segreto.
e poi a casa.

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