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Visualizzazione dei post da maggio, 2011

la montagna

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a volte ci sono giorni in cui ti pare il momento di fermarsi a guardarsi attorno, di prendere un momento di fiato e fare un punto della situazione. allora ti togli lo zaino dalle spalle, lo appoggi a terra, ti siedi su una pietra li vicino, e fai spaziare lo sguardo attorno, valutando. laggiù in lontananza, dove quasi non arriva lo sguardo si vede una bella valle, coperta di fresca erba che ondeggia placida alla brezza della prima mattina, pare quasi di sentire il profumo di quell'erba e di quei fiori, profumo di nuovo e di attesa, di speranze e di sogni. poco dopo iniziano le colline, dolci pendenze fasciate di grassa erba, quasi più rigogliosa di quella della valle, più forte e decisa. sono colline piccole ma che si susseguono una all'altra e che vanno crescendo avvicinandosi a noi. sono lontane ma non cosi tanto ora e le ultime propaggini di quella p piccola catena sono alte, alcune brulle, altre coperte di piccoli boschetti, gruppi compatti di alberi che in alcuni pun

si cambia

ed eccomi al primo giorno del nuovo lavoro. un cambio epocale, dalla sala operatoria all'ufficio, se così vogliamo chiamarlo, e due volte alla settimana, di pomeriggio in ambulatorio. signori i presento arlecchino, servo di due padroni. non so nemmeno io se esse4re contenta della nuova sistematone, o se averne una visione tragicomica: mi ritrovo a non fare quasi nulla per tutte le mie mattinate, confinata in uno spazio dove l'unica cosa che posso dire mia, più o meno, è la scrivania, di cui non ho nemmeno le chiavi e che quindi non posso usare per riporre cose private, o almeno una penna sperando che non la rubino. per il resto passo le mie giornate con un viavai di persone che entrano e si mettono a studiare nella stanza, che sarebbe una specie di grosso auditorio con alcune scrivanie all'ingresso. leggo il giornale, leggo i libri che mi porto, passo il tempo su pc quando il pc è libero visto che anche quello è di chiunque entri. da una parte non posso lamentarmi, non mi s

pioggia

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stanotte ha piovuto. una pioggia tipo monsone, forte impetuosa, violenta. è stato bellissimo addormentarsi con quel suono che annullava la città nella purezza dello scroscio, come se con la sua violenza purgasse la città dai suoi veleni, anche sonori. bello farsi cullare dal sonoro battere delle gocce sull'asfalto, dal sordo brontolio di un cielo cupo, dall'assordante urlo del tuono. bello pensare che al di la di quella assordante cortina d'acua il mondo possa essere sparito per una notte, annullato, scomparso o semplicemente zittito dallo schiaffo sonoro di pioggia dato dal cielo. quando ero più giovane a casa mia, nella solitudine della campagna, e mi capitava di essere a casa, sola, durante queste tempeste monsoniche non poche volte correvo fuori, sotto la pioggia, a far si che le violente sferzate dell'acqua, i gelo che istillavano nella mia pelle purgassero anche me oltre che il mondo con la loro purezza e violenza. rimanevo sotto quella pioggia gelata, sferzata da

una volta...

una volta scrivevo. scrivevo tanto, veramente tantissimo. scrivevo racconti, poesie, appunti, scrivevo su fogli, quaderni carta straccia, un volta ho scritto persino sulla carta igienica, ma assorbe troppo inchiostro. ero affetta da grafomania, e se stavo troppo tempo senza scrivere mi veniva male. forse avevo molto più da dire di quanto non abbia oggi? non credo sia così. forse avevo più tempo, più voglia, più disposizione. non lo so. forse urlavo il mio disagio attraverso quei fogli visto che a voce se potevo non urlavo mai. forse proprio quel mio essere sempre contenuta, sempre abbastanza sotto controllo facevano si che da qualche parte dovesse uscire tutto quello che avevo dentro, e forse quei fogli erano la soma cosa che si frapponesse tra me e il baratro, il grande nulla nero che mi ha sempre accompagnato nella mia vita, e che solo negli ultimi anni non pare così vicino da inghiottirmi in pochi istanti. e forse è proprio questo: oggi posso essere me stessa, tirare fuori il mio d