(19/10/07) visite di famiglia


siamo alle solite: adoro andare dai miei ed odio andare dai miei.
mi mancano immensamente quando non li vedo, ed il rivederli mi riempie sempre di una gioia immensa, diamo e riceviamo una gran quantità di affetto, di amore, che ci riempie l'anima e ci fa sentire felici e vicini.
ma nello stesso tempo si sente una costante rabbia inespressa che cova sotto la cenere, una tensione che sprigiona scintille ogni volta che il discorso scende sotto l'argine di sicurezza.
cose di cui non è consentito parlare, altre che hanno più di una versione e di una interpretazione.
ed allora ci si muove come in una danza, sottraendosi dove si può allo scontro, aggirando l'ostacolo, ignorando le stoccate, anche se colpito, per evitare il duello che inevitabilmente causerebbe morti e feriti.
e dove lo scontro scoppia, se possibile non venire coinvolti, ignorarlo, facendo finta di niente, parlando d'altro con chi fa la stessa cosa e lasciare chi combatte da solo, per non essere feriti, e per non ferire.
è una danza di spade, anche affascinante se vostra dal di fuori, sicuramente faticosa e alla fine ti lascia sempre insoddisfatto e sconfitto.
si può danzare per giorni, ma se si è persa l'abitudine alla fine ti esaurisce inevitabilmente ed io ho deciso che nella MIA di vita quella danza continua non l'avrei voluta: l'ho danzata per tanto, troppo tempo.
e più sono e danzatori più la fatica aumenta, fino al punto da essere soverchiante: si può anche reggere un passo doble per qualche tempo ma in tre senti già l'affanno ed in quattro le ferite sono inevitabili.
lo strano è che nonostante conosca questa danza, e sappia di doverla ballare se voglio andare da loro, la prima ferita mi coglie sempre impreparata, il primo sangue che sorre mi rende sempre rabbiosa e sbilanciata, ed il primo scontro è sempre sanguinoso perché la mia risposta è cieca, dettata dal desiderio di sopravvivere più che dal calcolo.
perché in fondo è questo lo scopo della danza: evitare di essere feriti e di ferire pur giocando con lame Toledo.
il problema invece è che ogni tanto qualcuno si ferma, e gli altri che non lo vedono fermarsi affondano le spade nella carne, allora lui risponde, le ferite aumentano ed alla fine per sopravvivere si ricomincia a danzare, sanguinanti, dolenti e addolorati, ma si ricomincia a danzare: e mi raccomando signori, sorridete.

Commenti

Arya ha detto…
Oh tata...anche per me il ritorno a casa è sempre gioie e dolori.. alle volte tante gioie, alle volte tanti dolori. Io sento molto la mancanza dei miei quando sono via, sono una mammona, ma quando torno e la tensione si taglia col coltello e io divento solo una valvola di sfogo per tutti.. non ce la faccio..
Ti sono vicina. Le ferite si rimarginano in parte con la distanza. Per me almeno è così.. perchè quando sono qui sono quella che prende più colpi..

Un bacio
Anonimo ha detto…
Conosco questa danza a cui è difficile sottrarsi a volte.
Una sorta di canto a cappella tra sordi o ciechi, a volte.
Adagiato sul fondo il bisogno d' amore che urla e strepita, seppur imbavagliato e taciuto.
Cammuffato.
La danza della famiglia credo sia una delle più sanguinose che esistano al mondo.

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