secondo giorno

Eccoci qua, sul posto di lavoro. A volte pare che nulla cambi nella vita, ci sono solo dei piccoli intermezzi che sembrano fondamentali, ma alla fine ti accorgi che sono solo momenti che non scalfiscono il monolitico scorrere sempre uguale delle cose.
Tutto è esattamente come quando l'ho lasciato: gli stessi ritardi nel fare le cose, le stesse ostruzioni nello snellimento delle procedure, solo io mi sento nello stesso tempo più distaccata e più delicata di fronte a questa invariabilità.
il distacco è stato necessario: non voglio stare ancora male per cose che non sono importanti per la mia vita se non a livello di conto in banca. non sono loro la mia vita, i miei affetti ed i miei interessi e quindi non devo permettergli, ed intendo loro come entità astratte comprendenti tutto il mio posto di lavoro, di ledere la mia tranquillità, di nuocermi, di farmi soffrire.
purtroppo quello che è stato già fatto ha lasciato strascichi ed è per questo che mi sento ancora così fragile e delicata: ho quasi paura che ogni cosa possa tagliarmi, come una sottile pellicola trasparente di fronte ad un bisturi.
Sono silenziosa e appartata, mi disturba il vocio eccessivo delle infermiere nello cucinetta, o gli urli che si lanciano quando non c'è il paziente da una sala all'altra. mi ritiro, silenziosa e rinchiusa in me stessa nella nostra stanza e ne esco solo per lavorare, perché mi sento ancora come se mi dovessi riprendere da una grave malattia, scombussolata e disorientata.
Ho anche momenti di tensione, attimi in cui il mio cuore balza in gola e mi soffoca il respiro, per poi tornare normale e lasciarmi solo un senso di disorientamento e di capogiro.
sono solo momenti e spero che vadano scemando ma ci sono e mi danno noia per la loro presenza.
so che ancora la strada non è conclusa, e parlo solo di quella che mi deve portare fuori da questo episodio non quella per la guarigione totale; è una strada lunga ed in salita che sto cercando di fare lentamente per far si che sia fatta e non solo approssimativamente percorsa: non voglio trovarmi con dei buchi alle spalle che mi potrebbero far cadere.
strano come le cose si muovano al di fuori a volte dalla nostra capacità di vederle muoversi.
Tra la malattia, la ripresa e il ritorno al lavoro, mi sono ritrovata che è già giugno. siamo già in estate e nemmeno me ne sono resa conto.
c'è stato un tempo in cui la mia vita era scandita dalle stagioni che si alternavano e che dipendeva di più dalla natura, mentre oggi come oggi se non avessi guardato il calendario nemmeno mi sarei accorta di che mese è.
sento una struggente nostalgia per il tempo che passa e di cui non mi rendo conto, come fossero occasioni perdute per fare qualcosa, per dare un qualche significato alla mia vita che sento di aver perso per non averle afferrate al volo.
eppure non so nemmeno bene quale sia il giusto atteggiamento: vivi l'oggi, si dice, ma così ti perdi la possibilità di sognare il domani; non scordare ieri, perché ciò che siamo oggi è costruito sulle radici del passato, e sono daccordo, ma questo non ti fa perdere la visione dell'oggi e dimenticare la prospettiva del domani? Proiettati nel futuro, vivi sempre un passo avanti, ok ma allora non riesco a gustarmi l'oggi, ed oltre tutto il domani è incognito quindi pieno di stress da prestazione, qualunque sia la prestazione richiesta.
Cerco di vivere momento per momento, attutendo le botte del mio cuore, della mia anima, con il miele dell'attesa: quanto manca? tra quanto uscirò da qui e sarò a casa, dai miei gatti, dal mio uomo, nella mia casa?
ed un'altro giorno piano si avvia alla conclusione ed io conto le ore, compiango il collega che deve rimanere, e che purtroppo per lui farà tardi, ma sono felice ed attendo solo il momento per fuggire lontano da qui per un'altra serata libera.

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