il blocco dello scrittore

siamo alle solite, ti ritrovi di fronte alla pagina bianca e cominci a dire, di che posso parlare? cosa ho da dire che abbia abbastanza significato da finire su un foglio magari rimanere nel tempo, essere riletto tra qualche giorno, mese o anno, e poi magari essere anche ricordato? il panico da foglio bianco è una cosa di cui sono ogni tanto, ogni spesso in effetti, vittima. quando devo scrivere di corsa un articolo che doveva essere consegnato già ieri, quando voglio cominciare un racconto che nella mia mente era così limpido che sembrava già ascritto, quando devo scrivere una pagina di questo blogger... è un problema che mi assale, come una paura sottile che mi stringe alla gola, un piccolo panico che non sempre riesco a superare indenne, e che spesso e volentieri mi lascia li, sola e senza difese di fronte a quello spazio infinito e soprattutto incolmabile.
volendo vedere come oggi, che riempio il bianco di parole che spieghino perché riempio il bianco di parole che spiegano come riempio il bianco.
discorso circonvoluto e inutile volendo ma anche questo è uno di quei momenti che riempie una mente vuota di fronte al bianco della pagina.
eppure a volte riesco a superare questo empasse, riesco a posare la penna sul foglio ed a produrre opere che alcuni trovano anche gradevoli, articoli che meritano la pubblicazione, racconti che chi ha letto ha trovato anche divertenti, cosa che volevano essere, chiaramente altrimenti non andrei raccontandolo.
eppure, rimane sempre li, strisciante ed infida, la paura del foglio bianco, come se ci fosse sempre un ostacolo da superare per riuscire apporre la prima parola sul foglio, un ostacolo che se superato ci ricompensa con... con cosa? non sempre quella prima parola apposta da poi la stura alla creatività. anzi, a volte le parole vanno estratte una ad una, lente e dolorose come spine dalla pelle.
prendiamo i racconti ad esempio.
sono almeno due anni che vorrei ricominciare a scriverne ma è come se la mia vena fosse secca, sento di voler creare ma sono sterile, come una madre che non può avere figli, e la cosa mi mangia dentro, perché ho il bisogno di farlo un bisogno che spinge da dentro e che non trova sfogo.
vorrei riprendere in mano vecchi racconti, scriverne di nuovi ma nulla esche quando sono di fronte alla tasti4era o al foglio bianco.
ed allora ho ripiegato sulle ambientazioni di gioco di ruolo, come se avessi scelto di aprire un forellino invece di una cataratta, e da li, piano piano qualcosa sta filtrando, goccia a goccia, qualcosa viene fuori dalla mia anima tormentata di scrittrice, e chissà che poi, un giorno, quel distillato, una volta giocato e reso vivo, non possa diventare il racconto che tanto desidero ora.
tutto può essere no?

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